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< La ricerca degli equinozi
> Un riferimento equatoriale

L’osservazione del moto apparente della sfera celeste, come si è visto nel corso di precedenti esperienze, conduce all’idea dell’asse celeste, che per millenni è stato considerato l’asse di rotazione della sfera celeste attorno ad una Terra immobile al centro dell’universo. L’impressione che la Terra sia piatta è un’altra idea ingenua dovuta alla piccolezza dell’uomo in confronto alle dimensioni del pianeta, tanto da impedirgli di percepirne la curvatura della sua superficie.

L’inclinazione dell’asse celeste rispetto al piano dell’orizzonte, come pure l’inclinazione del piano dell’equatore celeste, possiedono una caratteristica che mette in crisi questa convinzione: esse variano con il variare del luogo dell’osservazione. E non si tratta di una variazione piccola da passare inosservata. Due osservatori, uno a nord e uno a sud, lontani poco più di un centinaio di chilometri uno dall’altro, misurano una differenza di un grado di inclinazione dell’asse celeste. Questo fatto si spiega superando l’idea ingenua che la superficie della Terra piatta. La Terra dovrebbe essere perlomeno cilindrica. Come si vedrà nelle prossime pagine, due osservatori posti uno ad est e l’altro ad ovest non noteranno una differenza di inclinazione dell’asse terrestre, bensì di altri parametri anche se meno facili da cogliere quali il loro angolo orario. Di conseguenza la superficie della Terra deve avere una forma sferica (*).

Nella pagina precedente abbiamo già definito la latitudine astronomica $\varphi$ come la distanza zenitale del mezzocielo superiore, misurabile ugualmente come altezza del polo elevato.

Esaminiamo più in dettaglio come variano l’inclinazione dell’asse celeste e del piano dell’equatore con gli spostamenti in direzione nord-sud del luogo di osservazione.

Generalmente, tra due osservatori boreali, quello posto più a nord misurerà un’altezza del polo più elevata rispetto ad un osservatore posto a sud.  Un “luogo limite” si trova al polo geografico nord in cui il polo nord celeste è allo zenit dell’osservatore. Andando verso sud si giunge ad un altro “luogo limite”: il polo nord celeste si abbassa fino all’orizzonte dove coincide con il punto cardinale nord e, contemporaneamente, compare il polo sud celeste in posizione diametralmente opposta dell’orizzonte, coincidente con il punto cardinale sud. Procedendo verso sud la situazione si capovolge: la latitudine viene misurata dall’altezza del polo sud celeste che diventa il nuovo polo elevato. L’altezza del polo sud celeste aumenta se l’osservatore si sposta ancora in direzione sud, fino a raggiungere il terzo “luogo limite”: il polo sud geografico dal quale si osserverebbe il polo sud celeste allo zenit. Di qui la necessità di distinguere due specie di latitudini: la latitudine nord e la latitudine sud a seconda se è misurata in base all’altezza del polo nord o del polo sud celeste.

L’osservatore $A$, vede il polo nord celeste al suo zenit e l’equatore all’orizzonte. Egli si trova nel polo nord geografico e misura una latitudine di $90^\circ$.

L’osservatore $B$ misura una latitudine di $60^\circ$. Il mezzocielo è a $30^\circ$ gradi dall’orizzonte. Questo cielo si osserva ad esempio a Stoccolma.

L’osservatore $C$ vede il polo nord celeste a $30^\circ$ di altezza sull’orizzonte mentre l’equatore è inclinato di $60^\circ$. Al Cairo si può vedere questa disposizione del cielo.

L’osservatore $D$ è all’equatore terrestre: l’equatore è verticale ed entrambi i poli celesti giacciono all’orizzonte nei punti cardinali nord e sud. La sua latitudine è $0^\circ$. Il cielo di Kampala in Uganda è un esempio di questa situazione.

L’osservatore $E$ misura la sua latitudine con l’altezza del polo celeste sud. Gli abitanti di Durban in Sud Africa, ad esempio, possono vedere il mezzicielo verso nord, ad un’altezza di $60^\circ$ dall’orizzonte.

L’osservatore $F$ vede il polo sud celeste a $60^\circ$ di altezza. Un esempio di questo cielo sarebbe visibile dalle Isole Orcadi Meridionali, tra la Terra del Fuoco e il continente Antartico.

L’osservatore $G$ posto al polo sud geografico (immagine qui a fianco) ha l’equatore all’orizzonte e il polo sud celeste allo zenit. La latitudine è 90° sud.

Dobbiamo immaginare che gli osservatori (da $A$ a $G$) si siano spostati uno rispetto all’altro seguendo le loro direzioni cardinali nord-sud. Essi hanno perciò lo stesso meridiano celeste in comune. In questa figura e nella successiva, dobbiamo immaginare il piano del meridiano celeste come un piano che passa per il centro della Terra e sul quale giacciono tutti gli osservatori elencati.

Le variazioni degli assetti della sfera celeste trovano una ragione solo se si ipotizza la forma sferica della Terra. Ogni osservatore  definisce un suo proprio piano dell’orizzonte, materializzato dalla superficie di un liquido in quiete.  Nella figura i diversi  piani dell’orizzonte relativi a ciascun osservatore sono rappresentati dalle ellissi di color ocra.

La direzione dell’asse celeste, identica a quella dell’asse di rotazione della Terra, è rappresentata con linee tratteggiate rosse. Gli angoli di latitudine nord sono rappresentati con settori di colore rosso e le latitudini sud di colore blu.

E’ importante notare come la direzione dell’asse celeste sia rappresentata da rette parallele tra loro. E’ una questione di parallasse: essi hanno parallasse uguale a zero perché si trovano concettualmente a distanza infinita (**).

Ogni osservatore definisce anche la propria direzione verticale materializzata dal filo a piombo. Di conseguenza ogni osservatore possiede anche il suo proprio zenit che si trova in un punto diverso della sfera celeste rispetto allo zenit di altri osservatori.

In questa immagine le rette rosse tratteggiate  rappresentano la direzione del mezzocielo superiore. Essa giace sia sul piano dell’equatore celeste che sul piano del meridiano celeste.

Anche il mezzocielo superiore, come i poli celesti, sono punti con parallasse zero e quindi tutte le rette che rappresentano la sua direzione sono parallele tra loro.

La latitudine astronomica $\varphi$ misurata qui come distanza zenitale del mezzocielo, è rappresentata sia dai settori rossi e blu, che dagli archi esterni alla Terra. La grafica che ho scelto permette di capire meglio l’idea che abbiamo di latitudine geografica così come è definita tipicamente nei testi di geografia, cioè come la distanza angolare tra un punto della superficie terrestre e l’equatore. Assumendo che la Terra abbia una forma esattamente sferica, la latitudine geografica si potrebbe definire anche come l’angolo al centro della Terra compreso tra la verticale del luogo e l’equatore (***).

La latitudine astronomica e, come vedremo, la longitudine astronomica,  sono due coordinate fondamentali: in base ad esse si costruisce di meridiani e paralleli geografici. Le latitudini boreali portano per convenzione il segno positivo e sono di specie nord. Le latitudini australi, di specie sud, portano il segno negativo.

L’insieme dei punti sulla superficie della Terra che hanno la stessa latitudine formano un circolo chiamato parallelo di latitudine. I paralleli di latitudine sono perpendicolari all’asse terrestre. Il parallelo di latitudine zero è l’equatore terrestre. Il piano dell’equatore terrestre passa per il centro della Terra e interseca la sfera celeste lungo il circolo massimo dell’equatore celeste, che abbiamo già incontrato precedentemente.

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(*)

Qualcuno potrebbe obiettare che il cambiamento delle direzioni degli astri che si osserva cambiando la nostra posizione sulla superficie della Terra sia dovuto ad un effetto di parallasse. L’angolo di parallasse si dovrebbe notare anche se la Terra fosse piatta e gli astri sufficientemente vicini. Ma l’ipotesi è presto smentita: ciò che si osserva andando ad esempio in direzione sud è un’uguale variazione di altezza di TUTTE le stelle che si trovano al meridiano celeste. Queste stelle subiscono la variazione massima di posizione. Invece, le stelle vicine ai punti cardinali est e ovest subiscono una piccolissima “rotazione” relativa al nostro spostamento. Questo fatto indica necessariamente una rotazione della sfera celeste attorno all’asse est-ovest, dovuta al movimento dell’osservatore su una superficie curva. Se si trattasse di un fenomeno di parallasse, nel caso di uno stesso spostamento in direzione sud, le stelle poste sul primo verticale (il cerchio perpendicolare al meridiano celeste) subirebbero la variazione massima di parallasse mentre le stelle vicine ai punti cardinali nord e sud (in direzione del movimento dell’osservatore) subirebbero una variazione quasi nulla. Non solo, se si trattasse di un fenomeno di parallasse alcune stelle sarebbero molto vicine a noi e la loro distanza facilmente calcolabile: quelle che si spostano di un grado disterebbero poco meno di seimila chilometri da noi, e la sfera celeste cambierebbe di forma a seconda della direzione del nostro viaggio…


(**)

Ogni retta punta ai due poli celesti i quali devono essere considerati come dei punti a distanza infinita da noi. Immaginiamo le linee di visuale di una stella, cioè i percorsi dei “raggi di luce” provenienti da essa (sarebbe meglio chiamarsi “percorsi dei fotoni”). Essi sono fasci di rette disposti in tutte le direzioni dello spazio a partire dalla stella. Ma i raggi che arrivano sulla Terra ed entrano nei nostri occhi, sono solo una piccolissima parte di essi e, data la grandissima distanza della stella, questa piccola parte di raggi di luce sono praticamente paralleli tra loro. Dato che le direzioni dei punti significativi della sfera celeste sono definiti in base alla posizione delle stelle, anch’essi devono rispettare la stessa regola: il loro angolo di parallasse è praticamente uguale a zero.


(***)

In realtà, la Terra ha una forma di “sfera schiacciata ai poli” che si approssima geometricamente ad un ellissoide di rotazione. Le conseguenze di questo fatto sono piuttosto complesse. Accenno qui solo ad una prima conseguenza che ci può interessare di più: la verticale astronomica, misurata con il filo a piombo, non passa per il centro della Terra: i valori delle coordinate geografiche, definite in base alla superficie di un ellissoide, non coincidono esattamente con i valori di latitudine e longitudine astronomiche. Per approfondire vedi la pagina dedicata alla forma della Terra.