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< Determinazione del mezzogiorno vero
> Osservazione degli archi diurni del Sole

In seguito all’osservazione delle linee diurne e del tracciamento di una linea meridiana con il metodo dei cerchi indù, suggerisco di affrontare il problema della variazione dell’altezza del Sole nel corso dell’anno e in particolare dei suoi due estremi: i solstizi. La variazione dell’altezza raggiunta dal Sole in cielo al suo passaggio al meridiano nel corso dell’anno è in stretta relazione con la disposizione dei suoi archi diurni e quindi con la durata delle ore di luce e le variazioni climatiche stagionali. Trovare i giorni dei solstizi è anche un primo approccio alla misura della lunghezza dell’anno tropico.

La ricerca dei solstizi è concettualmente più immediata rispetto a quella degli equinozi. Consiste nella ricerca dei due giorni dell’anno nei quali l’ombra del Sole descrive le due linee diurne estreme: quella più lontana dalla base dello gnomone, cioè il solstizio di dicembre in cui il Sole raggiunge la minima altezza a mezzogiorno e quella più vicina, cioè il solstizio di giugno in cui l’altezza raggiunta è massima. La lunghezza dell’ombra, infatti, è tanto più piccola quanto più alto è il Sole in cielo secondo la relazione:

$$b = \frac{g}{\tan h}$$

dove $b$ è la lunghezza dell’ombra, $g$ è l’altezza dello gnomone e $h$ è l’altezza del Sole, cioè l’angolo compreso tra la direzione del Sole e il piano dell’orizzonte.

L’altezza del Sole cambia continuamente nel corso della giornata ma, se si osserva il grafico che raccoglie le linee diurne di un intero anno e il suo asse di simmetria (la linea meridiana), possiamo semplificare il problema della ricerca dei solstizi concentrando le misurazioni all’istante del mezzogiorno vero.

Misurazioni di altezza

Si scelgono alcuni giorni a cavallo dei solstizi e si segnano lungo la linea meridiana le posizioni degli apici dell’ombra negli istanti del mezzogiorno vero. In questo modo individueremo con buona precisione il solstizio di dicembre (l’ombra più lunga) e il solstizio di giugno (l’ombra più corta).

E’ utile calcolare e annotare le due altezze estreme del Sole per mezzo della formula:

$$\arctan{h} = \frac{g}{b}$$

Una volta individuati i giorni dei solstizi è interessante contare quanto tempo passa tra il solstizio di giugno e quello di dicembre e tra il solstizio di dicembre e quello del giugno successivo.

Un altro buon metodo per individuare i solstizi è la costruzione di un quadrante meridiano, come ad esempio il plinto di Tolomeo. Questo strumento consente la lettura diretta dell’altezza del Sole all’istante del suo transito al meridiano.

Alcune considerazioni sulla differenza di altezza e la lunghezza dell’anno

Se si eseguissero queste misurazioni per alcuni anni e in luoghi geografici differenti si scoprirebbero alcuni fatti fondamentali che riassumo in due punti:

1) i valori massimi e minimi di altezza variano a seconda del luogo di misurazione (come vedremo, in base alla latitudine) ma la differenza tra l’altezza massima e l’altezza minima del Sole in un certo luogo è sempre uguale a circa 47° (per maggior precisione, sono 46°54′)

2) in anni diversi i solstizi non cadono sempre alla stessa data del nostro calendario. Il solstizio di giugno può avvenire tra il 20 e il 21 giugno e quello di dicembre tra il 21 e il 22. In ogni caso, il numero di giorni compresi tra due solstizi è sempre costante.

Il primo fatto sarebbe facilmente verificabile: basterebbe confrontare le misurazioni di due osservatori che si trovano a latitudini diverse. La conseguenza è molto importante: il Sole “oscilla” in altezza nel corso dell’anno tra due limiti estremi sulla sfera celeste. Le due posizioni estreme sono simmetriche rispetto ad una posizione intermedia che è “costante” per ogni posizione geografica. Quest’altezza “media costante” attorno alla quale “oscilla” il Sole è, come vedremo, il piano dell’equatore celeste, un piano fondamentale nella definizione dei sistemi di riferimento equatoriale e orario. La distanza tra il Sole e il piano equatoriale è chiamata declinazione ed è una delle coordinate di entrambi i sistemi citati.

Il secondo fatto ha a che fare con la misura del tempo e con la costruzione dei calendari. Non si tratta di un fatto semplice da individuare: richiederebbe numerosi anni di osservazioni. L’istante del solstizio infatti non avviene al mezzogiorno vero ma può avvenire in qualsiasi momento del giorno, e quindi non lo possiamo misurare con il semplice metodo descritto: misurando al mezzogiorno individueremo solo la data più vicina all’istante del solstizio.

Un metodo più preciso per misurare la lunghezza dell’anno si basa, come vedremo, sull’identificazione degli equinozi.

In ogni caso, eseguendo numerosissime misurazioni in un lungo arco di tempo, si osserverebbe una regolarità: tra il solstizio di giugno e quello di dicembre si conterebbe una media di 183,5 giorni circa e tra il solstizio di dicembre e quello del giugno successivo si conterebbero 181,75 giorni circa. Di conseguenza si dedurrebbe che un anno (inteso ad esempio come l’intervallo di tempo compreso tra due solstizi di inverno) dura circa 365 giorni e 6 ore. Ci stiamo avvicinando in qualche modo alla definizione di “anno tropico” cioè di un intervallo di tempo legato strettamente all’alternanza delle stagioni. La conclusione di queste osservazioni è che l'”anno tropico” non è formato da un numero intero di giorni e questo è un antico problema implicato nella costruzione dei calendari solari civili i quali devono necessariamente contenere un numero intero di giorni.

L’oscillare della data di un solstizio nel corso degli anni è legato al nostro calendario gregoriano che ogni 4 anni prevede l’inserimento di un giorno intercalare. Questa operazione serve per mantenere allineati l’anno tropico con l’anno civile, dato che, come si è detto, un anno tropico non ha una lunghezza pari ad un numero intero di giorni.

Infine, il fatto che l’intervallo tra il solstizio di giugno e quello di dicembre sia più lungo dell’intervallo tra il solstizio di dicembre e quello di giugno ha a che fare invece con un altro ordine di fenomeni: la velocità della Terra lungo la sua orbita ellittica non è costante e la linea degli apsidi che congiunge i punti dell’orbita corrispondenti alla massima e alla minima velocità, non coincide con la linea che congiunge i due solstizi.

Come si può vedere, la “semplice” osservazione del comportamento delle ombre proiettate da uno gnomone apre una grande e complessa varietà di questioni legate alla forma della Terra, al suo moto rispetto al Sole e alla misura del tempo.

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