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> Perché le linee diurne hanno queste forme?

Lo scopo delle prossime osservazioni sarà quello di definire meglio l’assetto degli archi diurni del Sole nei vari periodi dell’anno. Le informazioni raccolte con l’esperienza della ricerca dei solstizi saranno integrate con l’osservazione dei punti del sorgere e del tramonto e saremo in grado di “disegnare” sulla sfera celeste gli archi diurni del Sole. Il confronto tra gli assetti degli archi diurni così come sono visti da vari osservatori a diverse latitudini ci avvicinerà alla definizione dell’eclittica, cioè della traiettoria del moto apparente annuo del Sole.

Il Sole non nasce ad est e non tramonta ad ovest se non in due giorni dell’anno. I tutti gli altri periodi dell’anno sorge a nord-est o a sud-est e tramonta nord-ovest o a sud-ovest. E’ tradizione indicare la posizione del punto del sorgere e del punto del tramonto di un astro utilizzando non il loro azimut bensì la loro distanza angolare dai punti cardinali est e ovest. Questa misura è nota come amplitudine.

Osservazione delle amplitudini del Sole

Misurare l’azimut del Sole all’alba e al suo tramonto con il metodo dell’ombra proiettata da un filo a piombo sulla linea meridiana sarebbe un’operazione poco precisa: è praticamente impossibile trovare orizzonti piani e liberi da ostacoli tanto da permettere al Sole di proiettare ombre nell’istante del sorgere o del tramonto. Quando all’alba il Sole è abbastanza alto per poter proiettare un’ombra il suo azimut è già notevolmente maggiore di quello del suo punto del sorgere. Una situazione opposta si verifica al tramonto in cui si misurerebbe un azimut troppo inferiore al valore desiderato (*).

Nel nostro caso sarà sufficiente concentrare le osservazioni delle amplitudini intorno alle date dei solstizi annotando con qualche disegno o con delle fotografia le posizioni del Sole rispetto ad alcuni riferimenti dell’orizzonte fisico (alberi, edifici, un rilievi), quando esso appare all’alba e quando scompare al tramonto.

Se si desidera avere una stima molto approssimata delle amplitudini si può concludere la serie di osservazioni confrontando le direzioni dei punti dell’orizzonte annotati con la direzione della linea est-ovest perpendicolare alla linea meridiana. Si userà un filo a piombo con il metodo del merkhet per traguardare questi riferimenti.

In seguito a queste osservazioni potremo giungere alle seguenti conclusioni:

  1. Al solstizio di dicembre, in coincidenza con la minima altezza del Sole al suo transito al meridiano, le amplitudini ortiva e occasa raggiungono il loro massimo valore sud.
  2.  Al solstizio di giugno, quando l’altezza del Sole al meridiano è massima, le amplitudini raggiungono il loro massimo valore nord.

Interpretiamo questi fenomeni solo se posizioniamo nella sfera celeste i due archi diurni estremi del Sole ai due lati dell’equatore celeste.

I circoli percorsi dal Sole con il moto diurno della sfera celeste sono perciò generalmente circoli minori; ugualmente ai circoli percorsi dagli altri astri, essi sono perpendicolari all’asse celeste. Il circolo del solstizio di giugno e quello del solstizio di dicembre si trovano in due posizioni estreme, simmetriche rispetto al piano dell’equatore celeste. Al solstizio di giugno il Sole percorre l’emisfero nord e l’arco diurno è più lungo dell’arco notturno; l’intervallo di tempo in cui il Sole si trova al di sopra dell’orizzonte è più lungo dell’intervallo di tempo trascorso dal Sole al di sotto dell’orizzonte. Al solstizio di dicembre avvengono i fenomeni opposti. Esistono due istanti particolari dell’anno in cui il circolo del Sole coincide con il circolo dell’equatore celeste: questi due istanti sono gli equinozi nei quali la durata delle ore di luce è uguale a quella delle ore di buio.

In base alle esperienze acquisite fino ad ora, nella prossima pagina interpreteremo la forma delle linee diurne in base alla disposizione degli archi diurni del Sole.

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(*)

L’operazione è tanto più facile e precisa quanto minore è la latitudine dell’osservatore. Infatti, alle latitudini vicine all’equatore l’arco diurno del Sole è quasi perpendicolare all’orizzonte mentre, alle latitudini elevate, l’arco è più inclinato e gli’azimut dei punti del sorgere e del tramonto possono essere significativamente lontani dai valori che otteniamo misurando all’altezza utile.

Alle latitudini elevate (A) l’errore di misura dell’azimut con il metodo dell’ombra è maggiore rispetto alle basse latitudini (B). Ciò dipende dalla diversa inclinazione dell’arco diurno del Sole rispetto all’orizzonte.

Un’altra fonte di errore sistematico è l’effetto di rifrazione atmosferica: gli astri prossimi all’orizzonte ci appaiono più alti rispetto all’altezza che avrebbero se non ci fosse l’atmosfera. L’errore dovuto alla rifrazione compensa l’errore dovuto all’inclinazione dell’arco diurno.

In ogni caso gli errori di azimut si possono compensare concettualmente nel calcolo delle amplitudini. Considerando ad esempio l’amplitudine ortiva, questa può essere calcolata conoscendo i due valori di azimut estremi raggiunti dal punto del sorgere del Sole nei due giorni dei solstizi. Al solstizio di giugno il punto del sorgere è alla sua massima amplitudine ortiva nord e al solstizio di dicembre esso raggiunge la massima amplitudine ortiva sud. Esisteranno due date intermedie (gli equinozi) in cui il punto del sorgere si troverà esattamente nel punto cardinale est. Un ragionamento analogo vale per la variazione dell’amplitudine occasa. Data la loro simmetria, qualsiasi linea che congiunge l’amplitudine ortiva e quella occasa misurata lo stesso giorno è parallela alla direzione est-ovest. In ogni caso, solo agli equinozi questa linea interseca l’osservatore. Ma gli equinozi non potranno essere identificati con sufficiente precisione perché in quei giorni il centro del disco solare al punto del sorgere si dovrebbe trovare esattamente nel punto cardinale est (azimut 90°) e il punto del tramonto nel punto cardinale ovest (azimut 270°). In realtà la nostra misurazione fornirà un azimut maggiore di 90° al sorgere e minore di 270° al tramontare a causa dell’inevitabile errore descritto prima.

Le escursioni delle amplitudini vere e misurate escludono l’effetto dell’errore dovuto all’inclinazione degli archi diurni.

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