Fino ad ora si è discusso sul concetto di tempo visto come una misura angolare, tralasciando un’ovvia considerazione. Tutti i tipi di tempi che abbiamo descritto hanno in comune il riferimento al meridiano celeste. Il meridiano celeste è il piano verticale che passa per i punti cardinali nord e sud, per lo zenit, il nadir e i poli celesti. La dipendenza del meridiano celeste dalla verticalità del luogo di osservazione ne fa un “oggetto locale”: ogni osservatore ha il suo personale meridiano celeste locale che passa sopra la sua testa e sotto i suoi piedi, e che è diverso dal meridiano celeste di un altro osservatore. E’ “diverso” nel senso che esso disegna un particolare percorso circolare tra le stelle che è unico per un data località e un dato istante di osservazione.

Di conseguenza, tutte le categorie di tempo descritte fino ad ora sono tempi locali. Ad esempio, se un osservatore misura il tempo solare vero di un certo istante, solo gli osservatori che si trovano sul suo stesso merdiano geografico possono ottenere lo stesso valore con misurazioni contemporanee.

Avremo perciò un tempo solare vero locale, un tempo solare medio locale, un tempo siderale locale.

Per creare una convenzione sui tempi tra tutti gli osservatori è stato necessario creare una categoria di tempi universali rispetto ai quali fare riferimento. Si è visto in una pagina precedente, come la differenza di posizione geografica degli osservatori, sia legata alle diferenze dei tempi misurati. O meglio: l’angolo compreso tra due meridiani celesti locali è legato alle differenze di misurazione degli angoli orari degli astri. Infatti, è stata usata l’espressione “differenza di longitudine tra due osservatori” ma sarebbe stato più appropriato dire “angolo sferico compreso tra i meridiani superiori di due osservatori”. La longitudine astronomica di un luogo, infatti, non è altro che l’angolo sferico compreso tra il meridiano superiore di un osservatore e un certo meridiano zero, convenzionale, preso come riferimento per tutti. Tale meridiano, noto soprattutto con la denominazione obsoleta di meridiano di Greenwich, definisce una categoria di tempi “universali”. Ad esempio, il tempo solare medio misurato lungo il meridiano zero (noto erroneamente come tempo medio di Greenwich) è il tempo universale UT, dal quale deriva la scala del tempo universale coordinato UTC in base al quale si regola l’ora di tutti gli orologi di uso civile. Esiste anche il tempo siderale al meridiano zero, noto con l’acronimo GAST (Greenwich Apparent Sidereal Time). E’ l’angolo orario del punto vernale misurato dal meridiano zero, distinto dal tempo siderale locale (LAST: Local Apparent Sidereal Time) che è l’angolo orario del punto vernale misurato da una qualsiasi altra posizione sulla Terra.

In questo diagramma orario vediamo la relazione fondamentale che esiste tra il tempo locale $t$ di un astro misurato da un generico osservatore $A$, il tempo $T$ dello stesso astro misurato contemporaneamente da una località del meridiano fondamentale, e la longitudine $\lambda$ dell’osservatore $A$.

$$\boxed{\lambda = t – T}$$

Nella stessa relazione con la longitudine stanno tra loro il tempo solare medio locale $t_m$ e il tempo solare medio “di Greenwich” $T_m$ che sono gli angoli orari contemporanei del Sole medio con l’aggiunta di $180^\circ$.

$$\lambda = t_m-T_m$$

Quello che fino al 1972 era chiamato “tempo medio di Greenwich” è attualmente il tempo universale UT.

Particolarmente importante è la relazione analoga dei tempi siderali. L’angolo orario del punto vernale misurato dall’osservatore $A$ è il tempo siderale locale $\theta_L$ noto anche come $LAST$ (Local Apparent Sidereal Time). Il tempo siderale contemporaneamente misurato dal meridiano fondamentale è il tempo siderale al meridiano zero $\theta$ o tempo siderale a Greenwich, noto con la sigla $GAST$ (Greenwich Apparent Sidereal Time).

$$\lambda = \theta_L-\theta$$